Colloquio con il vicario apostolico di Istanbul che partecipa ai lavori dell’incontro sinodale “Mediterraneo, frontiera di pace”: come minoranza viviamo in una situazione difficile ma i limiti sono fatti per essere superati. L’impegno solidale con i migranti ed i più poveri
Federico Piana – inviato a Bari
“La Chiesa in Turchia è una scuola di speranza”. Monsignor Rubén Tierrablanca Gonzalez è vicario apostolico di Istanbul e partecipa all’incontro dei vescovi e dei patriarchi del Mediterraneo a Bari con la consapevolezza di chi sa che un avvenimento internazionale di questa portata è un vero e proprio dono: “E’ un’occasione unica di confronto tra noi vescovi e sulle problematiche di tutta l’area del Mediterraneo. Ascoltandoci l’uno con l’altro possiamo capire e aiutarci”. Nella giornata in cui a tenere banco sono stati i temi delle migrazioni, delle guerre e delle povertà, monsignor Tierrablanca Gonzalez ci tiene a sottolineare che la realtà mostra anche prospettive positive come quelle della sua chiesa. Ascolta l’intervista a Tierrablanca Gonzales
Eccellenza, in Turchia la Chiesa che situazione sta vivendo in questo periodo storico?
R. – Vive una situazione difficile. Non è un segreto: non abbiamo un riconoscimento legale. E questo ci pone molte difficoltà e limiti. Ma non si può piangere sui limiti: vanno affrontati e superati. La Chiesa cattolica, minoranza religiosa nel Paese, c’è e ci sarà sempre. Perché siamo nella culla della Chiesa primitiva. L’origine della Chiesa è il nostro territorio. Istanbul e la parte occidentale della Turchia possiamo definirli la ‘Terra dei concili’: di Nicea, di Costantinopoli, di Efeso, di Calcedonia. Tutto questo per noi è un impegno a vivere la nostra fede, a dare testimonianza del Vangelo.
Ci sono segni di speranza?
R. – Sì, ci sono. Per esempio, il fatto di poter creare una Chiesa multiculturale, multilinguistica, è il segno dell’unità della Chiesa stessa. D’altra parte la Turchia, dal punto di vista sociale e politico, è in costante movimento, in forte cambiamento. Questo ci dà speranza per un futuro migliore. La Chiesa in Turchia costruisce la speranza, anzi: è scuola di speranza!
Anche in Turchia si è abbattuta la questione dolorosa dei migranti. E gli uomini e le donne di fede del Paese non si sono tirati indietro, aiutando e sostenendo…
R. – Certamente. La Turchia è alle porte dell’Europa ed è aperta ad accogliere e collaborare. E anche la Chiesa non si è tirata indietro. La Caritas e anche altre associazioni si danno da fare non solo economicamente ma anche collaborando tra loro e con la Chiesa. Il nostro compito e quello di accompagnare le persone e questo lo facciamo finché possiamo.
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