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DALLE ALBICOCCHE AI KHACHKARS I SIMBOLI DELLA TRADIZIONE DELL’ARMENIA: DA NOÈ ALL’ARARAT L’ORGOGLIO DI UN POPOLO

Giovanni Bosi, Yerevan / Armenia

Simboli che parlano di storia, tradizioni, cultura, arte, perfino gusto e sapori. Ogni Paese ne ha, lo sappiamo bene noi italiani. A questo non sfugge neppure l’Armenia dove albicocche, duduk, vigneti e khachkars (le artistiche croci di pietra) sono autentici patrimoni che contraddistinguono nel mondo questo Paese nel Caucaso meridionale.

(TurismoItaliaNews) Gli armeni ci tengono a ricordare come il loro sia il Paese delle albicocche. In effetti la storia del frutto riconduce direttamente ad Alessandro Magno: è stato proprio lui nel quarto secolo avanti Cristo ad “esportarlo” dall’Armenia in Grecia e da qui fino a Roma, contribuendo alla sua diffusione in Europa. “L’indicazione delle albicocche come ‘mele armene’ (nome scientifico Mela armeniaca, Pomum armeniacum) nelle opere di Plinio, Dioscorida e Columella, confermano ulteriormente questa teoria – ci spiegano allo State Museum of Armenian History – è innegabile che le nostre albicocche, a causa delle condizioni climatiche del Paese, hanno un sapore unico pieno di sole e venti della valle dell’Ararat”. Ancora oggi l’origine armena delle albicocche è ricordata dai botanici che hanno designato il frutto “Armeniaca”.

Dalla natura all’artigianato. E sì, perché l’albero dell’albicocco, con il suo legno, fornisce il materiale più adatto – anzi, esclusivamente questo – più adatto per la produzione del più amato e famoso strumento musicale armeno: il duduk. “Lo strumento è stato inventato prima della nostra era, durante i giorni del regno di Urartu – ci dicono alla National Art Gallery of Armenia – il nome armeno originale dello strumento è tsiranapokh ed è realizzato esclusivamente con legno di albicocco, poiché assicura una sonorità speciale. Come nessun altro strumento, il duduk è in grado di esprimere l’anima della nazione armena: il suo suono consente un’esperienza spirituale elevata che a volte può condurti fino alle lacrime”. Provare per credere.

Quando si parla di Armenia il pensiero non può non correre all’Ararat. Anche se oggi questa montagna alta ben 5.137 metri appartiene territorialmente alla Turchia, nelle immediate vicinanze del confine con Armenia, Azerbaijan ed Iran, la sua storia è indissolubilmente legata agli armeni. Secondo la Bibbia, l’Arca di Noè si arenò su questo monte, che divenne in tal modo il luogo di origine del popolo armeno. Ecco perché l’Ararat è considerato una montagna santa, complice forse anche la sua bellezza straordinaria che l’ha portato a simboleggiare la madrepatria per ogni armeno. E il simbolo culturale e nazionale più riconoscibile dell’Armenia può di fatto essere visto ovunque, a partire dall’emblema dello stato e fino ai loghi nazionali. Incluso il famoso omonimo brandy.

L’argomento brandy conduce a parlare di un altro simbolo: l’uva. E pure qui la storia parte da lontano: Noè piantò una vite portata dal giardino dell’Eden quando scese dall’arca. “Si ritiene che da allora le uve siano cresciute sul suolo armeno, simboleggiando ricchezza e abbondanza” sottolineano allo State Museum of Armenian History. E nemmeno a dirlo uno dei piatti più deliziosi della cucina nazionale armena, il dolma, viene preparato utilizzando foglie di vite. Peraltro sin dalla prima vendemmia, Noè è stato in grado di produrre vino.

“Tenendo conto delle tradizioni bibliche e dei fatti scientifici, l’Armenia si può considerare la culla della vinificazione – dicono ancora allo State Museum of Armenian History – in particolare nelle grotte di Areni gli scavi archeologici hanno consentito di individuare la primissima azienda vinicola del mondo, antica di oltre 6.000 anni”. E come culla della vinificazione, l’Armenia considera il vino come uno dei simboli nazionali. Rimanendo fedele alle tradizioni, il primo sabato di ottobre di ogni anno, l’Armenia organizza l’annuale festival del vino pan-armeno: l’Areni Wine Festival, con una mostra e una degustazione di vini. Come diceva Charles Aznavour “il buon vino armeno contiene tutto ciò che puoi sentire, ma non può essere espresso in parole…”.

Infine i khachkars, ovvero le croci di pietra: sono tipicamente armene e identificano la cultura cristiana in Armenia. L’arte del khachkar costituisce il contributo più originale del popolo armeno al patrimonio della cultura mondiale: fondata sull’arte monumentale di antica di tradizione, la produzione di questi simboli si è sviluppata nei primi anni del cristianesimo e ha raggiunto il suo apice nel medioevo. C’è un luogo particolare dove ammirarle tantissime: il cimitero di Noratus – nella regione di Gegharkunik, sulla sponda destra del fiume Gavaraget – è la seconda area più vasta dopo quella di Jugha (Nakhichevan) con i suoi innumerevoli khachkar (più di 2.700), alcuni dei quali si trovano nel cortile di Echmiazin. Tuttavia dal 1998 al 2005 i khachkar di Jugha sono stati sistematicamente distrutti dall’Azerbaigian e dunque Noratus è diventato il primo e più grande museo all’aperto di khachkar al mondo.

Come primo stato ad adottare il cristianesimo (all’inizio del IV secolo) in Armenia, nell’epoca in cui questa fede ha iniziato a diffondersi qui, ha cominciato ad emergere una nuova natura dell’espressione religiosa, che ha lentamente ma inesorabilmente integrato l’identità nazionale. Invece di templi e altari nel Paese hanno iniziato a spuntare croci di legno, poi sostituite (per la loro breve durata) a partire dal nono secolo da croci incise sulle pietre (khach – cross, kar – stone). Oggi sono simboli unici per la cultura armena e considerati di grande valore architettonico. Dal 2010 i khachkar sono inclusi nell’elenco Unesco dei beni culturali immateriali. A Noratus ci sono splendidi esempi di ogni periodo della loro formazione. Le origini dell’arte del khachkar riconducono al periodo prescristiano, quando venivano scolpiti i vishap (drago), pietre monumentali di culto a forma di steli collocate vicino alle fonti d’acqua.

“È sorprendente scoprire come ognuno dei simboli nazionali dell’Armenia sia diventato e si siano influenzato a vicenda nel processo di sviluppo storico” sottolineano dallo State Tourism Committee dell’Armenia.

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